Il 13 settembre presso la Scuola di Psicoterapia e Fenomenologia
Clinica a Firenze è stato ospite il prof. Louis A. Sass che ha presentato il
suo testo “Follia e moderntà – La pazzia alla luce dell’arte, della letteratura
e del pensiero moderni”. Il prof. Sass insegna psicologia clinica presso la Rutger
University (New Jersey) e svolge un’attività di ricerca che include un
interessamento all’intersecarsi della psicologia clinica con la filosofia, l’arte,
gli studi letterari e culturali.
La giornata, moderata dal prof. Giovanni Stanghellini, è iniziata con
un’introduzione del prof. Arnaldo Ballerini presentando una descrizione
magistrale del mondo schizofrenico, la “perdita dell’evidenza naturale”, e di
come “il quotidiano, i vari modi di essere nella quotidianità, e addirittura la
presenza corporea, sembrano quasi cessare di esistere, allorché non esiste
quasi più il mondo degli altri esseri umani”. Fino a come alcune caratteristiche
delle schizofrenia possono essere rievocate in taluni aspetti del modernismo e
del postmodernismo in cui, dice Ballerini, “l’Io si libera dalle normali forme
di coinvolgimento nel mondo e nella natura”.
Così, anche il prof. Sass nel prologo del suo libro si domanda: [nell'immaginario
occidentale] “Quasi sempre la follia comporta un mutamento dall'umano
all'animale, dalla cultura alla natura, dal pensiero all'emozione, dalla
maturità al puerile e all'arcaico. [...] E se la follia, almeno in alcune sue
forme, dovesse derivare da un'intensificazione piuttosto che da un offuscamento
della consapevolezza cosciente, e fosse un'alienazione non dalla ragione, ma
dalle emozioni, dagli istinti e dal corpo?" Una visione quindi che non
considera la follia come perdita delle razionalità, perdita della “ragione”
come sintesi delle facoltà intellettive superiori, ma piuttosto come iper-razionalismo
e iper-riflessività. "[...] la
schizofrenia comporta davvero, in realtà, una sorta di morte-in-vita, sebbene
non del tipo generalmente immaginato: perché ciò che muore in questi casi non è
tanto l'anima razionale quanto quella passionale, non tanto gli aspetti mentali
del proprio essere quanto quelli fisici ed emozionali; questo provoca un
distacco dai naturali ritmi del corpo e l'intrappolarsi in una sorta di vigilanza
morbosa o ipercoscienza", prosegue Sass nel prologo del suo libro. E così "[...]
gradualmente emerge una delle grandi ironie del pensiero moderno: la follia
della schizofrenia - così spesso immaginata come antitetica al malessere
moderno, pur offrendo una fuga potenziale dai suoi dilemmi di ipercoscienza e
autocontrollo - può, in realtà, essere un'estrema manifestazione di quella che,
in sostanza, è una condizione molto simile."
Durante la mattinata, il prof. Sass ha esposto tali peculiarità della
schizofrenia concentrandosi anche sull’aspetto linguistico dei pazienti
schizofrenici, in quanto “le anormalità linguistiche tipiche della schizofrenia
appaiono riflettere molti dei cambiamenti strutturali sottostanti nella
soggettività”, “ritrovando [rispetto alla mania e alla melanconia] una più
completa alienazione dalla realtà del senso comune e dal significato della
normale conversazione”. In questo senso, fa un’analogia con la poesia: dice Sass “la poesia è tutta
iper-riflessività, ha a che fare con il suono delle parole, non è il parlare di
un essere umano ad un altro essere umano, ma è l’ascoltare di un essere umano un altro essere umano che parla con se stesso”.