Il 20 maggio è venuto a trovarci
al nostro gruppo di lettura il dott. Alessandro Ricci di Psichiatria
Democratica. Con lui abbiamo discusso sulle “Conferenze brasiliane” di Franco
Basaglia.
Queste conferenze, che Franco
Basaglia tenne a San Paolo, Rio de Janeiro e Belo Horizonte nel 1979, sono la
testimonianza di una delle sue ultime occasioni di riflessione pubblica sul
significato complessivo dell’impresa della sua vita e ripropongono i temi
ancora attuali che avevano portato alle “legge 180”, delle ragioni e dei metodi
di chi aveva voluto quella riforma e ne aveva preparato il terreno. Uno spunto per guardare in un’ottica di
rinnovamento anche alla psichiatria oggi.
“Il problema invece è che non
si sa cosa sia la psichiatria, questo è il problema: che noi dobbiamo ripensare
il problema dell’uomo.” Belo Horizonte, 17 novembre 1979
Tra i vari argomenti vi sono il
ruolo dello psichiatra come membro attivo nella società e nelle scelte
politiche, soprattutto alla luce del fatto che oggi sempre più spesso la
psichiatria e la psicologia sono chiamate ad esprimersi su questioni che paiono
andare oltre la psicopatologia da libro di testo, più vicine alle questioni legate
alle trasformazioni della società e alla crisi economica.
“Noi vogliamo essere
psichiatri, ma vogliamo soprattutto essere delle persone impegnate, dei
militanti. O meglio, vogliamo trasformare, cambiare il mondo attraverso il
nostro specifico, attraverso la miseria dei nostri pazienti che sono parte
della miseria del mondo. Quando diciamo no al manicomio, noi diciamo no alla
miseria del mondo e ci uniamo a tutte le persone che nel mondo lottano per una
situazione di emancipazione.” San Paolo, 19 giugno 1979.
“Dobbiamo essere contro questa
società che distrugge la persona e uccide chi non ha i mezzi per difendersi. In
un certo senso, viviamo in una società che sembra un manicomio e siamo dentro
questo manicomio, internati che lottano per la libertà.” San Paolo, 22 giugno
1979
Alcune delle domande che ci siamo
posti: cosa distingue oggi un “caso sociale” da un “caso psichiatrico”? Si può
dire che la psichiatria è riuscita nel suo intento di essere parificata alle
altre branche della medicina? Se sì, ciò è da considerarsi un successo o un
impoverimento? E ancora: qual è oggigiorno il rapporto tra psichiatria e
potere? E tra psichiatria e controllo sociale? Di contro, invece, appaiono
ormai anacronistici gli aspetti di lotta di classe rievocati nelle Conferenze,
che hanno però il valore di riportarci alla cornice storica in cui nasce la
riforma basagliana.
“Come la medicina si è
edificata su un corpo morto, così la psichiatria si è costruita su una mente
morta.” San Paolo, 21 giugno 1979
“Il medico è colui che dà le
medicine, ma soprattutto è una persona che può dare un senso alla vita del
malato in quanto riesce ad avere una relazione diversa con lui.” San Paolo, 22
giugno 1979
“La medicina deve essere
esercitata dal medico come mediatore della relazione tra la società e il
malato.” Rio de Janeiro, 29 giugno 1979
“Vogliamo invece che la
medicina esprima qualcosa che va oltre il corpo, qualcosa che sia espressione
del sociale, qualcosa che prenda in considerazione l’organizzazione nella quale
viviamo. Io non penso che l’uomo sia fatto esclusivamente di psicologico, o
esclusivamente di un corpo biologico. Non credo nemmeno, d’altra parte, che sia
fatto solo di sociale. Credo che l’uomo sia il risultato di una integrazione di
tutti questi livelli e, prendendo in considerazione tutti questi fattori, noi
medici dobbiamo essere allo stesso tempo biologi, psicologi, sociologi. Se non
succede questo, saremo sempre dei torturatori dei malati.” Rio de Janeiro, 29
giugno 1979
Abbiamo riflettuto quindi anche
sul significato di malattia mentale, se e come è cambiata dall’epoca dei
manicomi ad oggi. In questo senso, cosa porta verso la cronicità? Essa è
contenuta nella patologia, come “decorso” inevitabile, o è un “artefatto” legato
ad un approccio che la favorisce? Ricordando come in manicomio il “domani”
della dimissione era un futuro sempre posticipato e di come ancora oggi la malattia
mentale evoca prognosi di involuzione e regressione, in che termini si può oggi
parlare di guarigione in psichiatria?
“Ma noi medici, che siamo istruiti nelle
università per curare le malattie, non sappiamo cos’è la salute, sappiamo solo
cos’è la malattia. Ma se vogliamo cambiare veramente le cose dobbiamo
incominciare a imparare all’università cosa vuol dire il sociale nella
medicina, perché l’uomo non è fatto di corpo – è fatto anche di corpo – ma è
fatto di sociale, e nel momento in cui il sociale entra nella medicina il
medico non capisce più niente, perché è abituato a pensare che il suo malato
sia un corpo malato […].” Belo Horizonte, 21 novembre 1979
E’ qui che si inserisce allora l’importanza
del fare. Il dott. Ricci ci ricorda come tutta la rivoluzione in quegli anni era
fatta di piccoli gesti quotidiani, che però erano gesti rivoluzionari perché
rovesciavano completamente lo schema. Si affermava con forza che la vita
materiale è importante, riconducendo la patologia al suo contesto, che è il
motivo per cui i nostri Servizi hanno una referenza territoriale. L’idea forte
della riforma e di tutta la psichiatria di comunità era che ci fosse il
referente territoriale perché i contesti in cui la patologia accade sono
rilevanti per farla accadere. E ricollocare la storia in una Storia con la “S”
maiuscola è uno dei modi per contrastare la separatezza.
“Allora io propongo l’alternativa
seguente: dal pessimismo della ragione all’ottimismo della pratica.” San Paolo,
18 giugno 1979
“La verità sta nella nostra
pratica quotidiana, nella rottura dei preconcetti, nel prendere le distanze dal
pessimismo della nostra ragione facendoci forza per mettere in atto una pratica
ottimista.” San Paolo, 21 giugno 1979
“Io penso invece di essere uno
psichiatra perché il mio ruolo è di psichiatra, e attraverso questo ruolo
voglio fare la mia battaglia politica. Per me battaglia politica vuol dire battaglia
scientifica, perché noi tecnici delle scienze umane dobbiamo edificare una
scienza nuova che deve partire dalla ricerca dei bisogni della popolazione.” Belo
Horizonte, 17 novembre 1979
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