Da Stanghellini G, "Lo psichiatra come cittadino del mondo" in Andersch N, Cutting J, Schizofrenia e malinconia. Implicazioni psicopatologiche e filosofiche. Ed. Fioriti 2013"Questa questione, tanto appassionante quanto enigmatica, è forse destinata a rimanere una perenne fonte di disaccordo. Da un lato ci sono coloro che radicalizzano l’idea che gli psichiatri debbano essere visti (o divenire) membri della comunità biomedica, e che debbano quindi ridefinire le loro conoscenze scientifiche (principalmente nel campo delle neuroscienze) e le competenze tecniche. Dall’altro lato ci sono coloro i quali rigettano la precedente opinione ed abbracciano invece la posizione che vede la Psichiatria come una ‘disciplina umanistica’.Questa controversia, come appare chiaro, è comunque astratta e sterile. Tutti gli psichiatri clinici sono ben consapevoli di quanto entrambi i tipi di conoscenza siano necessari alla pratica (e qualche volta alla sopravvivenza) della psichiatria (3**). Nella realtà dei fatti i percorsi formativi in psichiatria sono più orientati verso il primo tipo di percorso. La crescita delle neuroscienze, anche se non ha prodotto ancora conoscenze rilevanti nel campo delle spiegazioni causali, della classificazione e della diagnosi dei disturbi mentali, ha senza dubbio contribuito alla definizione di trattamenti biologici convenienti in base al rapporto costi-benefici. Un’altra questione molto importante è che la ricerca pubblicata, che rappresenta la seconda maggiore fonte di formazione per gli psichiatri (e la prima come formazione continua in Medicina), di laboratorio piuttosto che clinica, troppo spesso non è collegata al mondo di fuori, in generale, e alla clinica, in particolare (si veda, ad esempio, 4*). Inoltre, gli psichiatri praticanti non partecipano che raramente allo sviluppo della conoscenza psichiatrica, se uno dovesse giudicare dalle pubblicazioni, e il divario tra praticanti e ricercatori sembra così crescere senza controllo. È comune esperienza sentir dire dagli psichiatri praticanti che semplicemente non comprendono, e sono tentati anche di definire irrilevanti (o, almeno, clinicamente irrilevanti), le ricerche pubblicate nelle riviste psichiatriche. Uno sarebbe tentato quindi di unirsi al partito della Psichiatria come Scienza Umana e attaccare polemicamente la fazione della Psichiatria come Neuroscienza. Come il filosofo Martin Heidegger (5) avrebbe affermato circa un secolo fa, in un tempo di stupefacente progresso scientifico come il nostro, la scienza ci può rendere edotti d’ogni sorta di dettagli interessanti sulla natura umana, ma non può risolvere in ogni caso il problema riguardante l’essere umano. Gli psichiatri praticanti conoscono molto bene ciò che, da entrambi i lati, sia i ricercatori psichiatrici che i teorici tendono a dimenticare, e cioè che per attraversare i territori della malattia mentale senza perderci abbiamo bisogno di una conoscenza scientifica dell’umano come di una cultura finemente sintonizzata sull’umano. Abbiamo bisogno di una concezione più ricca della formazione.[...] Studiare la psichiatria e praticarla è una opportunità unica per sviluppare la propria sensibilità per la complessità e la diversità dell’umana esistenza, la propria capacità di comprendere le altre persone, per divenire tollerante e convivere con esse, e aiutare infine le altre persone a essere tolleranti e coesistere con il diverso – e più in generale per preservare l’apertura di ognuno a ciò che l’altro è, ed essere capaci di immaginare simpateticamente l’altrui esperienza. Portare le Scienze Umane in Psichiatria non è l’affermazione anacronistica di un ideale elitario di istruzione. Gli psichiatri potranno contribuire alla fondazione di cittadinanza se riusciranno a superare del tutto il loro antico mandato sociale: il controllo sociale e la normalizzazione attraverso strategie di riduzione del sintomo. Gli psichiatri potranno così aiutare i cittadini a guardare il mondo attraverso la lente della vulnerabilità umana, a evitare la marginalizzazione e la stigmatizzazione, sviluppando così tolleranza e compassione. Per sviluppare queste virtù, naturalmente, i percorsi formativi basati sull’apprendimento di conoscenze e capacità cliniche potrebbero non essere sufficienti. Coltivare il proprio sé è una forma di completamento nel percorso di apprendimento di parte dei propri strumenti professionali. Questo è il posto che spetta alla formazione umanistica nel curriculum degli psichiatri."
martedì 12 novembre 2013
Lo psichiatra come cittadino del mondo - Giovanni Stanghellini
mercoledì 6 novembre 2013
LSD, il mio bambino difficile. Riflessioni su droghe sacre, misticismo e scienza. - Albert Hofmann
Albert Hofmann nacque a Baden (Svizzera) nel 1906, e si laureò presso l'Università di Zurigo in chimica. Dopo aver ricevuto il dottorato per aver condotto importanti ricerche sulla struttura chimica della chitina, Hoffman si unì al dipartimento chimico-farmaceutico dei Laboratori Sandoz, dove ebbe l'occasione di studiare le piante medicinali Scilla Marina e Segale Cornuta all'interno di un programma per purificare e sintetizzare i principi attivi per l'uso farmaceutico.
Le sue ricerche sull'acido lisergico, il componente comune centrale degli alcaloidi della Claviceps Purpurea o segale cornuta (un ascomiceta che cresce sulla segale), condussero finalmente alla sintesi dell'LSD-25 (dextro lysergyc acid diethylamyde tartrate 25) o dietilamidetartrato 25. Circa cinque anni dopo, ripetendo la sintesi della sostanza, Hofmann scoprì casualmente gli effetti dell'LSD e iniziò una serie di autosperimentazioni.
Divenne quindi direttore del dipartimento di prodotti naturali della Sandoz e continuò studiando le sostanze psichedeliche trovate nei funghi messicani e in altre piante utilizzate dagli aborigeni. Questo portò alla sintesi della psilocibina. Hofmann si interessò anche ai semi della Rivea Corymbosa e scoprì che i semi di tale pianta, chiamati Ololiuhqui, contenevano diversi amidi dell'acido lisergico, compresa l'ergobasina.
Nel 1962 lui e sua moglie Anita si spostarono in Messico alla ricerca della Ska Maria Pastora più tardi conosciuta come Salvia divinorum. Fu capace di ottenere campioni di questa pianta ma non riuscì mai a isolarne il principio attivo.
Hoffman era membro del Comitato per il Nobel, socio dell'Accademia Mondiale delle Scienze , membro della Società Internazionale sulla Ricerca delle Piante e della Società Americana Farmaceutica.
Scrisse oltre 100 articoli scientifici e collaborò e scrisse diversi libri, tra cui LSD, My Problem Child (LSD; il mio bambino difficile).
Nell'ottobre 2007 è stato inserito nella classifica dei 100 Geni Viventi.
Si è spento il 29 aprile 2008 nella sua casa di Burg im Leimental, nei pressi di Basilea all'età di 102 anni.
DALLA PREFAZIONE DEL LIBRO LSD; il mio bambino difficile:
Letture correlate:"Sebbene l'Lsd abbia già compiuto mezzo secolo, è tuttora dominante presso l'opinione pubblica un'idea errata circa questo principio attivo psicotropo. Questo libro dell'inventore dell'acido lisergico contribuisce a fare chiarezza. "Ci sono esperienze di cui la maggior parte delle persone evita di parlare perché non si conformamo alla realtà quotidiana e sfidano ogni spiegazione razionale. Non sono eventi esterni particolari, bensì accadimenti delle nostre vite interiori, che vengono generalmente respinti come creazioni della nostra fantasia ed esclusi dalla memoria. L'immagine familiare del nostro mondo subisce d'improvviso una trasformazione insolita, stupefacente o allarmante; la realtà ci appare in una nuova luce, assume un significato particolare. Esperienze del genere possono essere leggere e fugaci come un soffio d'aria, oppure fissarsi profondamente nelle nostre coscienze. In questo libro desidero offrire un quadro completo dell'Lsd, della sua origine, dei suoi effetti e delle sue possibilità d'impiego; nonché avvertire dei pericoli che sono associati a un consumo che non tenga conto della natura straordinaria dell'azione di questa sostanza. La sinergia tra visione scientifica del mondo, dimensione spirituale delle configurazioni viventi e pratiche meditative, potrebbe restituirci la sicurezza smarrita".
Le porte della percezione, A. Huxley
Le confessioni di un oppiomane, T. De Quincey
Esperienza di autointossicazione con la mescalina, G.E. Morselli
Avvicinamenti. Droghe ed ebbrezza, E. Jünger
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